sabato 26 luglio 2014

Valle del fiume MANDAKINI









Il cammino continua, mattinata fredda e limpida , scendo la valle di verdi foreste di cedri dell’Hymalaia  ,
il fiume Baghirathi scorre qualche centinaia di metri sotto di me in una valle stretta e scura, trovo tutto questo molto più interessante e affascinante di quando sono salito ,forse perché non sono stanco  e vedo il paesaggio dall’alto verso il basso. Incontro ragazzi che vanno a scuola , accompagnando le mucche al pascolo e lasciandole lungo la strada nel bosco o nei piccoli prati a brucare e riprendendole alla fine delle lezioni.
I ragazzi scendono dai villaggi , da sentieri accorciando la strada 
,
mi invitano a proseguire per li stessi sentieri dicendomi “short  short”.Questi sono pietraie che salgono ripide e dritte tagliando i lunghi tornanti della carrozzabile che segue la montagna risparmiando così 5-6 KM. Lungo questo sentiero incontro una donna  sui 30-35 anni è molto affaticata ,
a gesti mi invita ad aspettarla per proseguire assieme. Questa si ferma continuamente  , respira con fatica con un leggero fischio , batte la mano al petto facendomi capire che ha problemi respiratori  penso asmatici. Riprendiamo il cammino risalendo la pietraia, io davanti, segue la donna e Luigi , sento tirare con forza da dietro lo zaino … era la donna che si era accorta che nella tasca posteriore avevo dei sacchetti di frutta secca , mi fermo e le offro una manciata di albicocche  che prende velocemente . Io e Luigi mangiavamo tranquillamente gettando l’osso tra i sassi , la donna si accorge, si china recupera l’osso tra i sassi e dopo averlo rotto con i denti mangia la mandorla . Ho capito che questa povera donna oltre a problemi respiratori aveva una grande fame, scatto qualche  foto assieme che accetta con molto piacere. Nel paese di MALA approfitto del ponte tibetano (più a valle sono distrutti ) per attraversare il fiume BHACHIRATHI ,
e dopo due passi raggiungere la vallata del fiume MANDACHINI , modificando il cammino programmato , questo succede spesso quando troviamo sentieri sbarrati da frane o ponti abbattuti dalla forza dell’acqua.
Proseguo per il passo di BELAK KALL a 3000 MT. ,
nel villaggio di Saura ,dove ho pernottato,mi informano che il sentiero è continuamente  interrotto  da frane e di fare molta attenzione . Dopo qualche kilometro un’enorme   frana sbarra il sentiero , breve consultazione con Luigi decidiamo di salire e scendere per individuare un possibile passaggio , a circa 3/4  della smottamento un piccolo segno una traccia taglia la frana , con molta attenzione  e in punta di piedi attraversiamo e riprendiamo il sentiero. In tutta la giornata di queste più o meno grandi frane ne ho trovate una decina . La salita verso il passo diventa sempre più impegnativa , ma interessante , foreste di abeti e di rododendri in fioritura ,querce maestose con rami che sembrano braccia tese al cielo ricoperte di muschio e licheni come lunghe barbe alla base verdi e folte felci. Arrivo al passo Belak Khall
un gruppo di capanne addossate l’una all’altra, fatte di pietre e fango ,come tetto l’odiosa plastica nera in parte strappata dal vento e sparsa nei prati vicino.
Siamo in un grande pianoro ,
villaggio di pastori ,pecore mucche e bufale , vedo bambini che giocano ,i più grandi tagliano legna scheggiandola da grossi tronchi con rudimentali acete .
Ci sono persone anziane che accudiscono bambini piccoli , giovani madri senza mariti, (questi sono in cerca di fortuna in pianura o nelle città), vivono in capanne con focolaio a terra ,
senza camino il fumo esce dalla porta o da qualche fessura , all’interno buio e fumo.  Trovo ospitalità da un pastore in una stanza adibita a legnaia e magazzino ,
per terra metto delle spesse trapunte come materasso ,
non riesco a vedere il colore , noto che sono molto sporche , stendo sopra il mio amato sacco a pelo , mi infilo dentro e mi riposo . La stanza è tutta nera dal fumo al soffitto infilati tra le travi vedo delle radici legnose , in un angolo sacchi di juta con all’interno muschi, licheni e erba essiccata , materiale ricercato e costoso usato per la medicina ayurvedica . Con Luigi passeggiamo,
nel villaggio si uniscono a noi dei ragazzi , curiosiamo e scattiamo delle foto ,
dai pascoli più alti scendono dei pastori con gruppi di bufale .Questi sono molto caratteristici : barbe lunghe copricapo bianco e colorate mantelle simile ai costumi Masai del Kenia ,
sono pastori mussulmani descritti anche da Stehen Alter nel suo libro “Acque Sacre”.  Supero anche il passo di BHAIRON  CHATT 2800  MT:  e scendo nella vallata del fiume MANDAKINI , seguo la carrozzabile per raggiungere il terzo tempio di KEDERNAT .
La strada è molto trafficata , grossi fuoristrada ,(trasportano 10 persone ) pullman tutti carichi di pellegrini , lungo la strada eliporti per trasportare in 20 minuti i pellegrini che non vogliono camminare , trovo questa valle più affollata e frequentata delle altre. Giungo al paese di SONPRAYAG la carrozzabile termina ,
i parcheggi sono pieni di pullman e auto ,persone sedute a terra preparano da mangiare con dei fornellini da campeggio .
Si prosegue tutti a piedi ,da  GAURI KUND inizia il sentiero. Lungo questo ci sono muli,portatori con gerle e portantine (sedie) che cercano clienti ,
che non vogliono o non possono camminare. Incontro molta gente ,tanti volti ,tanti colori , provenienti da tutte le zone dell’India ,
ho trovato gruppi di amici ,famiglie di alta e media borghesia ,
singole persone e tanti Shadu, mi sono accorto come la religione sia la colla del’India, “ON NAMO SHIVAYA” è la preghiera che continuamente recitano salendo. La valle porta ancora i segni del disastro dello scorso anno ,
questa molto di più delle altre,frane ovunque ,anche il sentiero è fortemente danneggiato

e riparato alla meno peggio .I muli salgono velocemente incitati dai loro conduttori che portano persone anche di un certo peso,
mi devo spostare per non essere investito e spinto a valle ,al piccolo cenno di cedimento il mulattiero con metodi barbari e violenti storcono la coda o sferzano dei calci ai testicoli,
i poveri  muli riprendono il cammino. Sono stato maggiormente colpito dai portantini di gerle e sedie , sono ragazzi tibetani o nepalesi che portano bambini e persone anziane ma anche persone adulte con delle ceste sulla schiena fissate ai spallacci e con una fascia attorno alla testa. I portatori di sedie sono in quattro , camminano come soldati in simultanea ,con il loro passo cadenzato fanno addormentare i clienti . Questi portatori trasportano anche materiali da costruzione ferro cemento mattoni ,
viveri e altro, sono di corporatura piccola e tarchiata, quando camminano le gambe tremano vibrano sembrano cedere da un momento all’altro, calzano normali scarpe o ciabatte, il volto sofferente con una perpetua smorfia di dolore , dal viso scendono gocce di sudore. Salgono mi sposto lasciando la strada meno sconnessa e più diretta, li saluto e li incoraggio  posando la mia mano sulla spalla , questi mi sorridono ,prendono la mia mano e la stringono forte ,non hanno fiato per parlare. In molti tratti il sentiero e tutto una fanghiglia provocata dalle cascate che scendono dalle pareti a picco (sembrano cadere dal cielo) e dalle impronte lasciate dal passaggio dei muli ,mischiando fango escrementi e urine con un forte odore.

In questi punti si creano degli ingorghi ,è l’occasione per prendere fiato ,
guardare i volti affaticati dei pellegrini Indiani  che vedendomi un “diverso” mi sorridono, mi salutano, mi chiedono e vogliono sapere . Il tempio è a 3600 MT. Il dislivello è di 1600 MT. spalmati in 18 KM . salita molto impegnativa anche per me , soprattutto per questi pellegrini spinti da un grosso motore chiamata fede. A metà percorso anche i muli si fermano, si procede tutti a piedi, il sentiero sale rapidamente con tornanti stretti,lascio passare i portatori con pesanti matasse di ferro per costruzione . In fondo alla valle resti di elicotteri caduti ,
 altri passano di continuo sopra la mia testa con un fastidioso e forte rumore amplificato dalla vallata. Lungo il sentiero trovo dei posti di ristoro con the , chai , budino: riso latte e molto zucchero (stomachevole) offerto da organizzazioni locali, nonostante ci siano dei bidoni e dei cartelli che invitano a rispettare e tenere pulito l’Hymalaia  molti bicchieri di plastica e piatti di stagnola vengono gettati per terra e giù nella valle. Arrivo a KEDERNATH dopo 6 ore di cammino , nella spianata trovo accampamenti con tende della croce rossa e organizzazioni umanitarie Indiane , il paese è in fondo alla spianata ,
è un paese fantasma non ci sono abitanti , le case distrutte e abbandonate , lungo la via che conduce al tempio non vedo né negozi né bazar che vendono articoli sacri e souvenir come negli altri tempi. Lungo la via,Shadu e mendicanti
chiedono soldi sempre soldi con insistenza .
Il tempio è l’unico edificio in piedi , merito di SHIVA??
è costruito in pietra grigia ,è dedicato a LORD SHIVA che sfuggì dai fratelli PANDAVA assumendo le sembianze del toro.
Questo è un luogo di culto molto sentito , nel sagrato del tempio c’è la statua del toro NANDI cosparsa di burro e olio in segno di devozione.  Vedo tanta distruzione, enormi massi trasportati dalla forza dell’acqua , in fondo c’è  il massiccio del KEDERNATH PIK attorno montagne innevate senza nome e ghiacciai ,
mi sento infinitamente piccolo di fronte alla forza della natura
,alla maestosità e purezza di queste montagne. Alla sera trovo ospitalità nella tendopoli gestita dai militari ,
dividendo la tenda con altri 20 pellegrini Indiani ,
si conoscono tutti sono parenti o paesani , sono seguiti da un Shadu che continuamente intona canti alternati a preghiere fino a tarda ora. 

sabato 12 luglio 2014

Valle del Fiume Bhagirathi




Shadu

Scendo la valle seguendo il pendio della montagna, la strada è continuamente interrotta da frane,cantonieri e rompi pietre al lavoro per liberarla da terra e massi. 

L’incontro con queste persone è sempre piacevole, un sorriso accompagnato da una stretta di mano, spesso con la richiesta di una foto…

 ci salutiamo con “namaste”. Lungo il cammino non incontro pellegrini a piedi (preferiscono il bus)  trovo molti SADHU:
induisti asceti che dedicano la propria vita all'abbandono, alla rinuncia della società,staccandosi dal mondo e interrompendo ogni legame con la famiglia.
 Non possiedono nulla o poche cose vestono con tuniche color zafferano,giallo o bianche a secondo della loro appartenenza , portano lunghi capelli e barba,indossano vistose collane e l’immancabile pentolino per ricevere offerte o cibo. Passano la loro vita spostandosi   sulle strade dell’India nutrendosi con i doni dei devoti nella loro ricerca dell’assoluto. Praticano riti magici, recitano il manta,controllano il respiro, meditano e praticano lo yoga unificando il corpo all’anima.
Molti di questi fanno uso di hashis , sono considerati dei santi , quando muoiono non vengono cremati ma sepolti essendo per la società  persone già morte e rincarnate, sono considerati e rispettati dalla gente. Si sottopongono a mortificazioni estreme nella certezza di raggiungere l’illuminismo più in fretta : come lunghi digiuni,non sedersi o sdraiarsi per anni, smettere di parlare o tenere un braccio alzato fino all’atrofizzazione completa.  Ci sono diverse sette, più o meno estreme alcuni si rotolano o si cospargono di cenere dei morti simbolo di morte e  rinascita. Non tutti i SADHU sono considerati sant’uomini molti non appartengono a nessuno ordine , sono figure dubbie che gettono ombre su queste pratiche antiche. Sono mendicanti che si improvvisano SADHU per godere dell’immunità totale, le benevolenze, l’elemosina, la libertà di movimento e il rispetto della società indiana a queste figure uniche al mondo.
 Attraverso foreste di alti pini, la corteccia squamata è incisa da profondi tagli a pettine ,
all’estremità dei contenitori per la raccolta di resina , il sottobosco è reso sterile dal manto di aghi secchi caduti. Arrivo a Uttarkashi nella tarda mattinata con Luigi ci rechiamo all’ufficio forestale e turistico per la richiesta del permesso all’entrata al Gangotri National park (GAUNUK) nel piccolo ufficio quattro impiegati con quattro computer , la richiesta viene scritta a mano con molta calma e tranquillità tipico degli indiani. Questi ricopiano i dati su un registro, il tutto viene trasmesso all’altro impiegato che ricopia  e ricontrolla per passarlo sulla scrivania del funzionario capo il quale ci chiama informandoci delle difficoltà lungo il cammino, provocata dai disastri dello scorso anno,
per cui ci obbliga a proseguire con una  guida locale (questo è scritto anche sul permesso). Con il permesso in tasca riprendo il cammino seguendo il fiume Bhagirathi che dà il nome alla valle, la strada è in terra battuta ,

 quella vecchia  asfaltata è più a valle coperta dalla frana, è tutto un cantiere con mezzi meccanici vecchi e lenti in cambio c’e molta manodopera anche donne e bambini. La valle è ampia, lungo le ripide pareti della montagna villaggi sparsi , cascate che scendono dalle profonde gole,
maestosi boschi di cedri dell’Himalaya (deodar) con punte e rami spezzati dal’intemperie modellandoli ad arte,
sembrano dei grandi bonsai, tutto attorno alte cime innevate che risaltano con il cielo azzurro. La valle salendo si ristringe
 ed è sempre più profonda e scura, il fiume non si vede ma si sente il forte rumore dell’acqua . Arrivo al paese di Gangotri,
secondo tempio del mio cammino, lungo la strada guess house, negozi e bazar di oggetti sacri, souvenir  e molti contenitori di plastica (economici) i più raffinati di ottone o  rame servono per raccogliere l’acqua del Gange da portare a casa come reliquie, seduti ai lati mendicanti chiedono l’elemosina ,alcuni privi di arti si spostano su dei carrettini spingendosi con le mani, altri seduti scoprono le bende ai piedi facendo vedere le ferite sperando che qualche moneta cada nella ciottola. Il piccolo tempio è di marmo bianco è dedicato alla Dea GANGA,secondo la mitologia la Dea Ganga figlia del cielo è scesa sulla terra dopo essere rimbalzata sui capelli di Shiva si è manifestata a forma di fiume per assolvere i peccati.
Lungo il sacro fiume fedeli fanno l’abluzione per purificarsi ,
 l’acqua è fredda , la corrente molto forte ,si aiutano tenendosi a grosse catene, altri sono seduti in cerchio con un sacerdote (bramino)
intenti a fare la Puya( cerimonia vesperi)  in mano tengono vassoi pieni di petali di fiore, riso, incensi, olio e erba profumata (tulsi) pregano e cantano facendo ruotare degli incensi accesi che tengono in mano. I sacerdoti sono alla ricerca di fedeli per praticare il rito della puya e incassare i soldi,
sono insistenti e avidi e io cerco di evitarli. Per caso incontro un sacerdote conosciuto alcuni giorni fà lungo il cammino, parlata veloce e scorrevole, con Luigi ci invita alla cerimonia ben augurante(puya) da fare lungo il fiume sacro.
Ci sediamo a terra gambe incrociate (che fatica)il rumore assordante della corrente copriva le parole e le preghiere del sacerdote,la cerimonia inizia con il segno rosso in fronte (tilak) il terzo occhio ,

 seguito dopo dal cordoncino colorato al polso destro e il dono dell’acqua santa del Gange ,versata sul palmo della mano e da bere, non ho bevuto ma fatto scivolare lungo il braccio. Terminata la cerimonia scattiamo alcune foto e paghiamo la cifra pattuita, ma il bramino pretendeva ancora soldi perché la puya era speciale e complessa, dopo alcune discussioni lo salutiamo e riusciamo a staccarsi. Il giorno seguente parto all’alba sono 20 KM. per raggiungere il ghiacciaio del GAUMUK (bocca di vacca)dove nasce il fiume sacro e adorato da un miliardo e duecentomilioni  di persone a circa 4000 MT.
A Chirbasa  un posto di guardie forestali ci ferma, controlla il permesso e la presenza della guida come scritto, la salita non è ripida ma piena di ciottoli instabili , cascatelle scendono dai ghiacciai laterali, in molti tratti il sentiero è scivolato a valle per cui devo attraversare usando delle corde facendo il pendolo.
L’altitudine si fa sentire , respiro più frequente e a bocca aperta. La guida un ragazzo sui 30 anni  che salta come un capretto si ferma di frequente, si siede su un sasso, mette sulla mano del tabacco e una pasta , mischia il tutto formando una pallina che mette in bocca tra la guancia e la gengiva , forse qualche eccitante o aiutino, io approfitto della sosta per mangiare fichi secchi e mandorle. La strade sale decisamente il ghiacciaio si avvicina sempre di più,
la giornata è limpida ,si vedono i picchi alti da 6000 a 7000 MT. in particolare il massiccio del BAGHIRATI PIK  1 ,2,3 sotto il ghiacciaio di un blu intenso .
Arrivo a BHOJBASA (campo base)dopo 5 ore nel pianoro alcuni ASHRAM (monasteri) sono casupole alte 2 metri con tetti in lamiera , sono pieni di pellegrini induisti ,con Luigi siamo gli unici occidentali.
Dei pellegrini hanno problemi di stomaco e forti dolori alla testa causati forse dall’altitudine , cercano farmaci rivolgendosi a noi , per fortuna Luigi ha le pastiglie specifiche, questi vengono dal sud dell’India non hanno mai visto ne montagne ne neve non hanno mai fatto salite , non hanno vestiti adeguati,ma sono quì spinti da una grande fede , molto coraggiosi, da ammirare. La guida ci accompagna nella “stanza “per la notte,
appoggiamo gli
 zaini e chiediamo alla guida di proseguire il cammino da soli verso il Gaumuk. Con Luigi riprendo il cammino più leggero, con la solo giacca a vento , il sentiero non si vede ,camminiamo salendo e scendendo da grossi sassi aiutandoci con le mani ,
si sente il rumore dell’acqua ma il fiume non si vede, il ghiacciaio è sempre più vicino, sulla destra il maestoso e elegante SIVILIK (penne di Shiva)
molto conosciuto dai scalatori Italiani per le somiglianze al Cervino, sopra il ghiacciaio il massiccio del Bhaghirati Pik.
Arrivo alla sorgente, della bocca di vacca non vedo traccia , è coperta da blocchi di ghiaccio, neve e sassi ,  sotto nasce il Gange, acque torbide di un colore cemento , sento dei rombi profondi come un terremoto ,
nella parete davanti, guardando il fiume enormi blocchi di ghiaccio si staccano scivolando nel fiume trascinando pietre , neve, e ghiaccio .  Alzo la testa, attorno è tutto un gocciolamento, sassi che si staccano ,
mi allontano in un posto più sicuro da potere scattare delle foto . Scendo in riva al fiume , alcuni Shadu e pellegrini, molti arrivano in questo luogo per portare e versare nell’acqua le ceneri di parenti defunti, sono in meditazione o preghiera seduti su sassi, altri prendono l’acqua con le mani la innalzano al cielo e la fanno cadere lentamente , luogo molto suggestivo e mistico. Scatto ancora foto
alle montagne visto che il sole sta tramontando creando una luce particolare
, scendiamo verso Bhojbasa,
arrivo all’Ashram al tramonto, come tutti i monasteri
si mangia assieme in un’ora stabilita. Alle ore 20 inizia la cena siamo sotto una tettoia seduti sul pavimento con gambe incrociate , davanti una lunga stuoia (tovaglia)messa a ferro di cavallo,un  sacerdote  recita delle preghiere ,alcuni ospiti hanno coperte sulle spalle perchè fa abbastanza freddo , degli inservienti passano con dei secchi di metallo
per riempire i piatti fatti di foglie secche incollate. (ecologiche)
La cena consiste in riso con “dal” e “sabsi”(zuppa di ceci e lenticchie con masale (piccccante)
 accompagnato con ciapati,(pane) con una brocca riempiono i bicchieri d’acqua. Conclusa  la cena ci mettiamo tutti in fila per lavare il bicchiere di acciaio e gettare il piatto ecologico nel bidone  . Terminato, tutti si ritirano nelle loro tane.  Mi sono vestito per andare a letto svuotando lo zaino e infilandomi nel sacco a pelo, non sono mai stato così contento e felice di avere un tetto sopra la testa e la pancia quasi piena.